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giovedì 12 gennaio 2012

Solstizio metafisico

Giovanni Comisso, Solstizio Metafisico, Padova, Il Poligrafo 1999, pp. 160. 


Il 12 settembre del 1919, a mezzodì, a pochi mesi di distanza da quella Conferenza di Parigi che aveva — per bocca del Presidente Wilson — «gelato» le pur timide aspirazioni italiane sull’Adriatico, Gabriele d’Annunzio, eroe di guerra, marcia sulla «città olocausta», alla testa dei suoi reparti. «Italia o Morte!» è il grido dionisiaco che si leva dalla piazza antistante il Palazzo del Governo, dove una folla al culmine dell’entusiasmo si è raccolta per ascoltare le parole del Vate-Comandante dalle sue vive labbra.
Bollati di «diserzione» dall’imbelle gabinetto Nitti-Tittoni, tra i «Volontari di Fiume» si contano a centinaia i giovani ufficiali e sottufficiali, provenienti da ogni arma, strenuamente  intenzionati a non digerire l’onta, che si va profilando all'orizzonte, di una «vittoria mutilata». Uno di questi risponde al nome di Giovanni Comisso. Ha venticinque anni, o giù di lì, è nato a Treviso e come tanti altri (più o meno anonimi) ferventi interventisti, alla notizia dell’occupazione della città da parte del D’Annunzio, non ha esitato ad abbandonare la locale Compagnia del Genio Telegrafisti presso la quale prestava servizio di leva. Non sa ancora (o forse sì), il futuro autore di Gente di Mare e de Il porto dell’amore, che un anno — un lungo e irripetibile anno di «vita eccelsa» (per usare un’espressione da lui stesso più tardi coniata per sintetizzare il significato della sua partecipazione all’impresa fiumana) —  lo aspetta.



Giovanni Comisso, Autoritratto

Quanto l’«avventura di Fiume» abbia giocato nel primo Comisso, nella di lui vocazione a un febbrile e convulso sensualismo di matrice nicciana e/o dannunziana, è domanda per rispondere alla quale con cognizione di causa si può finalmente ricorrere all’edizione critica di Solstizio Metafisico (Padova, Il Poligrafo 1999, pp. 160, £. 32.000, collana «Ricerche» della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Venezia; a cura di Annalisa Colusso). Opera giovanile, questa, che aggiunge a suo modo un tassello — non secondario — ai fini di una migliore intelligenza di quella «cifra» decadente da cui la produzione comissiana è permeata. Solstizio metafisico raccoglie esattamente 98 tra bozzetti, prosette, aforismi, frutto di uno scavo archivistico condotto presso l’«Archivio Comisso» della Biblioteca Comunale di Treviso. Esteriormente, come scrive la Colusso in sede di appendice, «il testo non si presenta come un corpus unitario». Si tratta, piuttosto, diciamo noi,  di una corda tesa tra il «Comisso uomo» e il «Comisso (aspirante) superuomo»; un magma lavico da cui si sprigionano, a mo’ di lapilli, pensieri e parole all’insegna di una spiritualità orfica e solare, di un culto  estremo e sanguigno dell’attimo fuggente: «Ecco ci sono delle donne, in queste sere di luna rossa, di aria calda, di terra arsa, di acque disseccate, che mi asseriscono di aver veduto in pieno mezzogiorno una stella splendidissima in cielo e altre che giurano d’aver sentito sussultare nel loro ventre un bambino pur essendo vergini... Esse temono l’apparizione dell’uomo nella notte. Ed accarezzano il capo ai giovinetti».

Raimondo di Pennaforte