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lunedì 23 gennaio 2012

Il sufismo: una lingua universale

Giuseppe Scattolin, Esperienze mistiche nell'Islam (vol. 3), EMI, Bologna 2000, pp. 320.


Terzo tomo di una serie espressamente dedicata alla storia del misticismo musulmano (o «sufismo» che dir si voglia), questo volume curato per i tipi della «EMI» (Editrice Missionaria Italiana) dal padre comboniano Giuseppe Scattolin, eccellente conoscitore del mondo arabo, ben si inserisce nella già di per sé vasta e, di anno in anno, sempre più nutrita pubblicistica in materia di islamologia. Chi, come il sottoscritto, si interessa sistematicamente all’argomento per ragioni professionali, non può che compiacersi di fronte all’ampliarsi del numero dei titoli — più o meno specialistici — aventi per oggetto i vari aspetti  (dall’arte alla filosofia, dalla teologia  alla letteratura), della rigogliosa civilizzazione arabo-islamica. È un dato di fatto, per rendersi conto del quale ictu oculi basta  aggirarsi tra gli scaffali di una qualunque libreria, il crescente interesse del pubblico italiano nei confronti dell’Oriente a noi geograficamente più vicino e culturalmente più affine. Interesse che, se da un lato risponde alla sacrosanta esigenza di una maggiore informazione in merito all’Islam, dall’altro rischia, come sempre, di tradursi in una «moda» dai contenuti a dir poco effimeri e superficiali, alimentata da prodotti editoriali non sempre all’altezza di quanto ci si  aspetterebbe mediamente in questo specifico settore di ricerca. 
Non è assolutamente questo il caso del libro Esperienze mistiche nell’Islam, il quale, proprio in virtù dell’asciutto rigore filologico che ne caratterizza il complessivo impianto, si differenzia non poco dalle altre monografie attualmente disponibili sul mercato. Merito, certo, del competente curatore, al quale si deve, in prima persona, la scelta felice di impostare la sua ricostruzione del fenomeno mistico alla luce dei testi originali scaturiti direttamente dalla penna dei principali artefici della spiritualità coranica.
L’opera si incentra su due figure-chiave della tradizione sufica: al-Niffârî e al-Ghazâlî. «Autori — scrive Scattolin — molto diversi tra loro ma che sono ambedue testimoni dello sviluppo della mistica islamica» tra il X e il XII secolo d. C.
Il primo, morto nel 366 dell’ègira (976-77 della nostra èra), fu un asceta e concepì il rapporto tra l’uomo e il «Suo Signore» alla strega di un «dialogo fra le due essenze». Il secondo, noto in Occidente durante il Medioevo sotto il nome latinizzato di Algazel, cercò, nella sua monumentale opera intitolata La vivificazione delle scienze della religione, di conciliare le ragioni del dogma con le spinte, spesso eterodosse, di un certo esoterismo filosofico non immune dagli «effluvi onto-cosmici» delle correnti neoplatoniche e dalle speculazioni iraniche sulla «Metafisica della Luce».
Pagine senza tempo che parlano il linguaggio universale della gnosi.   
Angelo Iacovella